Nella scuola secondaria italiana, e non solo in essa, si fa sempre più viva, a diversi livelli, l’esigenza di qualità. Migliorare un sistema istituzionale, definire e accrescere la sua qualità in un contesto che da anni non risente di significativi processi di riforma eccetto forse che per l’introduzione di elementi di gestione collegiale (si pensi ai decreti delegati) diviene oggi, sull’onda della crisi dell’immagine del servizio pubblico e dello stato sociale nel suo complesso, un problema urgente.
Indice
Valutare la qualità educativa
Il costrutto di “qualità” viene mutuato da altri contesti che hanno problemi di ottimizzazione di assetti organizzativi e di produzione, in particolare dal mondo dell’industria. In un saggio recentemente apparso su “RES” si dice appunto:
«La qualità è un insieme di principi essenziali sui quali impostare la conduzione delle realtà aziendali, ma non solo queste, perché anche le attività di servizio e quelle scolastiche possono essere improntate a questo concetto.La qualità è semplicemente la conformità allo scopo a cui si vuole arrivare, per il quale un’impresa o un servizio sono stati creati» (1).
Il concetto di qualità, tuttavia, non è certo nato nel mondo dell’industria, anche se la “qualità totale” è divenuta l’obiettivo primo della gestione razionale del sistema azienda. Per di più nel linguaggio corrente il termine “qualità” va assumendo una accezione particolare:
«Chi parla oggi di qualità è convinto che “esista” negli oggetti un cor-relato oggettivo di un criterio di valore altrettanto oggettivo, e che esso si possa misurare su una scala unica» (2).
Si parla sempre meno di “qualità” al plurale che, nel loro insieme, concorrono a caratterizzare un oggetto. Se ne dice piuttosto al singolare evitando di menzionare le determinazioni disposizionali (relative ad abiti, capacità), sensibili e misurabili (che possono essere sottoposte a metodi oggettivi di misura) che nel loro insieme si costituiscono come indicatori di qualità.
L’analisi di qualità è invece un processo che, diversamente da quanto si intende nel linguaggio corrente, non mira a rendere omogenea e oggettiva la qualità, al singolare, ma implica piuttosto, a mio avviso, una disamina puntuale delle determinazioni cui si è fatto cenno.
Tale operazione è connessa al problema del giudizio di valore con cui si assegnano le qualità a un oggetto e ai sistemi che ci consentono di valutarle. Gli aspetti o le dimensioni della qualità del sistema scuola concernono ad esempio aspetti tangibili e misurabili (spazi,materiali e così via) ma anche aspetti “disposizionali”, relativi cioè a pratiche e comportamenti di insegnanti e allievi che devono essere differentemente monitorate e valutate, appunto, nell’ambito di un microcontesto particolare.
Se nel mondo dei beni scambiabili la qualità può essere definita come «l’insieme delle proprietà e caratteristiche di un prodotto o servizio che gli conferiscono l’attitudine a soddisfare bisogni espressi e impliciti» (3), tale accezione del termine rimanda all’indice di soddisfacimento di un “cliente”, fruitore più o meno immediato di un determinato prodotto (oggi si distingue tra utilizzatore diretto e distributore, ad esempio). In ogni caso in tale contesto i requisiti qualitativi sono dettati dal cliente-mercato. Diverso appare il tentativo di declinare la qualità, o le qualità, di una agenzia del sociale specie se, come la scuola, produce servizi ma anche cultura, cioè agisce sul sistema di valori che stanno alla base dei sistemi motivazionali che fanno i “bisogni” del cliente (4). In questo caso spesso il cliente-mercato non conosce a fondo nemmeno i propri bisogni formativi mentre il cliente genitore di certo può esprimere alcuni suoi bisogni-base, come ad esempio i costi che è in grado di sostenere per l’istruzione dei figli. É proprio dal mondo della scuola che deve allora partire un’analisi di qualità interna che garantisce i bisogni del cliente-mercato.
Non è possibile interrogarsi sui bisogni del cliente che usufruisce del sistema scuola, sia esso l’allievo o il genitore che consente l’intervento educativo, senza interrogarsi sui bisogni in qualche modo indotti dal sistema sociale e sui nessi che intercorrono tra le esigenze del singolo e l’ambiente in cui l’individuo si colloca. La pianificazione di un intervento educativo ha una funzione eminentemente procedurale ma non è attuabile senza che tutti gli attori (l’insegnante, l’allievo, i genitori) siano coinvolti nella transazione. La transazione a sua volta è connessa a un contesto particolare e alle offerte educative che esso consente o promuove.
I bisogni e i fini di chi educa (gli insegnanti), di chi viene educato (gli allievi), di chi consente l’esperienza educativa sono intrinsecamente legati, in qualche modo determinati da scelte relative a contesti più ampi della singola classe. La famiglia, il territorio, la scuola, contesti via via più allargati entrano nel sistema di opzioni consentito a chi vive nella singola classe. L’azione educativa può tuttavia orientarsi verso fini che rilanciano e riprogettano il contesto pedagogico nel suo complesso e la parte di ciascuno degli attori coinvolti in prima persona nel progetto educativo. In ogni grado e ordine di scuola, troppo spesso ciechi l’uno all’altro o subordinati a modelli di istruzione “progressivi” (5) (dal nido si guarda alla materna, dalla materna all’elementare e così via), ogni “piano”, ogni programma e ogni progetto educativo si costituisce di per se stesso come un’esperienza che chiama in causa giudizi di valore, un’esperienza “orientata” da enunciati valutativi che implicano la relazione tra un fine da perseguire e i mezzi che consentono di compiere l’itinerario (6). Nulla vieta che il fine da perseguire rilanci i”bisogni” di un cliente da cui pure si parte, e che comunque ci si propone in prima istanza di soddisfare.
Il concetto di valutazione educativa è sempre “orientato” in senso anzitutto pragmatico (7) poiché è relativo al giudizio di valore (8) che un gruppo di persone (che hanno a che fare con il servizio) formula costruendo l’obiettivo della ricerca e interpretando dati raccolti in maniera sistematica.
Valutare significa infatti raccogliere sistematicamente dei dati, interpretarli secondo un giudizio di valore che ha poi immediati risvolti operativi. Ogni operazione di educational evaluation che sia orientata in senso transazionale, che sia centrata sui rapporti che intercorrono tra chi conduce l’analisi e chi ne attende il risultato (9), che abbia caratteristiche formative o sommative (che sia cioè attenta alle modifiche da apportare in itinere a un programma o a un progetto o piuttosto ai suoi esiti (l0) è comunque volta a mettere in rilievo aspetti di efficacia e di efficienza e incide direttamente sul momento decisionale relativo a ogni intervento formativo. Sia che si adottino disegni di ricerca sperimentali o quasi-sperimentali (ll), che metodologie osservative o etnografiche, gli oggetti dell’educational evaluation appaiono essere i programmi, le tecniche e i materiali didattici (12) relativi a interventi istruzionali, ma anche i contesti in cui si situa l’azione formativa (l3). In ogni caso il concetto di valutazione educativa non si esaurisce nel concetto di verifica degli esiti degli allievi (14) ma si dilata all’evaluation del processo istruzionale attraverso l’analisi delle caratteristiche organizzative della scuola e dell’insegnamento e cioè per quanto riguarda in particolare quest’ultimo, della qualità del curricolo e dell’azione formativa (15).
Innescare processi valutativi della qualità di progetti e contesti formativi significa allora assumere un approccio sistemico, che consenta di lavorare sui diversi “indicatori di qualità” di un ambiente complesso (16).
La ricerca più recente, attenta alla “validità ecologica” della prassi sperimentale, cioè all’insieme di variabili che determinano il contesto di riferimento, sottolinea la necessità di condurre operazioni valutative “situate”.
Nel caso specifico della valutazione di qualità, questo significa elaborare obiettivi, indicatori e parametri di riferimento pertinenti per ciascuno dei sistemi funzionali interconnessi, che influenzano la vita dell’individuo in via di sviluppo e di chi si preoccupa di istruirlo. Dalla microsituazione – la classe scolastica – al mesosistema – i rapporti con la scuola nel suo complesso, con la famiglia e il territorio -, più legati alla quotidianità, fino all’esosistema e al macrosistema, connessi ai sistemi ideologici e organizzativi più globali che, se pure indirettamente, in-cidono sull’assetto istituzionale della singola scuola – le leggi dello stato e la normativa di riferimento -, ognuno di questi livelli va indagato sistematicamente, mettendo a fuoco di volta in volta indicatori di qualità specifici. Per quanto concerne la microsituazione classe, ad esempio, il progetto educativo, i suoi valori, le occasioni di partecipazione che offre, le modalità di definizione e di adeguamento degli obiettivi al gruppo classe, la pertinenza degli aspetti educativi e metodologici, l’attenzione alle situazioni della vita quotidiana e ai progressi degli allievi,il lavoro in équipe degli insegnanti e le relazioni con le famiglie e con le altre agenzie del territorio che si occupano di minori sono aspetti centrali di una operatività pedagogica di qualità.
Analogamente lo spazio, i materiali e i sussidi didattici a disposizione di insegnanti e allievi, i tempi e i ritmi della vita scolastica, il lavoro degli organi di gestione collegiale e di coordinamento costituiscono alcuni elementi chiave dell’organizzazione interna di una istituzione formativa nel suo complesso. Nell’ottica di un approccio autovalutativo (17) che consenta di promuovere miglioramenti gestionali e organizzativi, ma anche migliori risultati in termini di efficienza e di efficacia (l8), è quindi necessario elaborare chiaramente indicatori per ciascuno degli aspetti sopra elencati che concernono il gruppo-classe ma anche tenere conto:
– delle scelte in tema di istituzioni formative a livello nazionale e regionale (politiche formative concernenti il curricolo specifico di settore, il sistema di verifica, la ricerca-formazione promossa sul territorio regionale dagli IRRSAE);
– dei genitori e delle loro relazioni con la scuola;
– delle scelte formative specifiche di istituto relativamente ai curricoli attivati, ai metodi di valutazione e di verifica discussi dal collegio docenti e dal capo d’istituto;
– delle modalità di lavoro del team di insegnanti che si occupa di ogni classe;
– delle scelte di metodo che hanno diretta influenza sugli approcci istruzionali particolari, sul curricolo della classe e sulle modalità secondo le quali viene svolto il lavoro quotidiano.
In ogni caso la progettazione della ricerca valutativa attiva un ciclo di ricerca che chiama in causa direttamente in una fase iniziale il capo d’istituto e gli insegnanti che devono decidere gli obiettivi, i tempi, i metodi dell’intervento ma anche ripartire compiti e responsabilità.
La raccolta dei dati e la loro rielaborazione in itinere consente un primo momento di valutazione formativa, che riorienti gli obiettivi, tarando eventualmente gli strumenti e i metodi sulla base dei risultati e dei pro-blemi sollevati da allievi e genitori. La fase successiva si concreta in una ulteriore verifica sulla base degli strumenti e dei metodi concordati e in un momento sommativo finale, in cui i responsabili dell’esperienza valutativa riferiscono ai colleghi e al capo d’istituto, discutono con loro per poi confrontarsi ancora con genitori e allievi (l9).
La ricerca valutativa in termini di qualità appare allora piuttosto come un processo dinamico a lungo termine, strutturato a diversi livelli, in cui confluiscono la verifica dell’efficacia, ma anche l’innovazione e la sperimentazione di programmi formativi.
Il Total Quality Management e il sistema scuola
Il recente dibattito intorno alla qualità della scuola secondaria e dell’obbligo salda il problema dei programmi in una “buona” istituzione educativa a fattori di tipo organizzativo e gestionale(20). Parlare di efficacia ed efficienza di contesti pedagogici significa sottolineare i nessi tra il “prodotto” del lavoro educativo e il processo di insegnamento-apprendimento, aprendo un campo di ricerca in cui non solo i responsabili della scuola a diversi livelli sono chiamati a riflettere su metodi, strumenti e finalità di un nuovo approccio all’istituzione e ai suoi “prodotti”.
Tra i metodi di analisi di cui oggi si discute, particolare interesse sembra destare la valutazione di qualità totale (2l) che tende a introdurre nel mondo della scuola una serie di procedure che paiono lasciare da parte altri approcci valutativi, maggiormente centrati sul contesto e sul processo formativo, oltre che sulla qualità interna del servizio.
Le procedure di Total Quality Management partono infatti da una pianificazione del lavoro all’interno dell’azienda (e dunque anche della scuola che adotti tale approccio) centrato sugli obiettivi da raggiungere sulla base delle necessità del cliente, avvalendosi di ricerche di mercato, di analisi dei fattori critici di successo per arrivare a formulare un “piano qualità” che specifichi le aree di miglioramento su cui intervenire e soprattutto per giungere a una analisi costi-benefici.
La fortuna (ma come non pensare ai rischi?) del Total Quality Management applicato ad ambienti educativi, che oggi sta diffondendosi nel nostro paese, si deve anche alla volontà di calibrare la scuola sul tipo oltre che sui bisogni del cliente, talora scordando i complessi sistemi di retroazione che regolano i circuiti interpersonali su cui si fondano processi interattivi quali i processi di insegnamento-apprendimento (22) dimenticando l’importanza delle dinamiche in atto nel microsistema classe e l’incidenza che il fare educativo dell’insegnante nel gruppo isti-tuzionale classe ha su di un “profitto” sociale dell’allievo che è apprezzabile solo in tempi lunghi e che non sempre ha una ricaduta immediata sui risultati di profitto.
Non va dimenticato che l’approccio alla qualità “totale” viene dal mondo dell’industria giapponese e americana ed è nato dall’esigenza di recuperare competitività a tutti i livelli dopo la seconda guerra mondiale (23). Se il razionalizzare la produttività delle risorse valorizzando anzitutto quelle umane è uno dei criteri chiave della qualità totale, unitamente a un approccio per cui la qualità del sistema organizzativo si fonda sul coinvolgimento e sulla motivazione degli operatori, il miglioramento della competitività diretta e indiretta e soprattutto il calibrare il prodotto sulla base delle percezioni del cliente sono aspetti centrali di tale processo. Nel mondo della scuola tale approccio ha fatto largamente breccia nel corso degli ultimi anni e a esigenze di miglio-ramento complessivo dell’erogazione del servizio si sono saldate, soprattutto in Paesi quali gli Stati Uniti e l’Inghilterra in cui prevale una gestione privata o comunque “mista” del sistema formativo, esigenze di tipo competitivo legate alla vita stessa della scuola.
Soddisfare il cliente, migliorare il servizio e le tecniche di insegnamento, incentivare la motivazione degli insegnanti, incrementare le possibilità della scuola sul mercato, “implementare” il sistema amministrativo e gestionale sono alcune delle finalità esplicite del Total Quality Management applicato ad istituzioni formative di ogni ordine e grado (24). In tale processo la definizione di qualità è centrata essenzialmente sul cliente, sulla qualità percepita dal cliente che diviene il fuoco di ogni istituzione formativa. Per questo gli indicatori di qualità di una scuola intesa come servizio vengono individuati nella coerenza allo scopo e nell’affidabilità dell’erogazione del servizio stesso, nella disponibilità e nella capacità di comprendere e soddisfare i bisogni del cliente, nella competenza professionale degli insegnanti, nella facilità di accesso e nella capacità di tenere informato il cliente promuovendo confronti con il corpo docente, nella sicurezza e nelle caratteristiche strutturali del contesto, nei risultati di profitto degli allievi, intesi come prodotti specificati nel contratto d’intesa con il”cliente”.
La “filosofia” della qualità totale, legata al miglioramento continuo del servizio, parte da una definizione di qualità sempre aggiornata ai bisogni del cliente, da una concezione della leadership e della spinta al miglioramento del servizio che viene dai vertici dell’organizzazione, dalla necessità di una promozione progressiva di una cultura della qualità a tutti i livelli del sistema, dall’esigenza del coinvolgimento degli operatori e non del controllo e quindi dall”‘implementazione” del lavoro di team degli insegnanti, da un approccio adeguato e immediato a qualsiasi pro-blema che porta a far bene la prima volta (“right first time”).
La misurazione e la valutazione di risultati raggiunti, il conseguente apprezzamento e la continua sollecitazione alla qualità sono altri elementi imprescindibili del Total Quality Management.
La convergenza tra la soddisfazione dei bisogni del cliente e un processo di produzione efficiente ed economico completa e chiarisce questa definizione di qualità in cui la coerenza e la conformità allo scopo per cui il servizio è stato creato resta un elemento centrale. Ma a chi compete allora la messa in discussione degli scopi e delle finalità di una istituzione formativa? Se pure il meccanismo di miglioramento continuo della struttura che si vuole attivare non può non tenere conto del “cliente interno” del servizio (l’insegnante) che viene coinvolto in prima persona in ogni fase del processo di Total Quality Management, tuttavia tale approccio sembra lasciare in ombra aspetti relativi alla qualità intrinseca del contesto educativo. L’accento sulla qualità centrata sul cliente soprattutto “esterno” viene inteso come un approccio “rivoluzionario”, che introduce in un contesto troppo spesso centrato su se stesso nuove concezioni del successo scolastico. La percezione della qualità che ha il cliente “esterno” (un soggetto che comunque andrebbe meglio definito e che non è soltanto l’allievo o la sua famiglia) è invece parte integrante di un processo valutativo più complesso in cui altri aspetti, quali la qualità percepita dal cliente interno, la qualità in-trinseca del contesto, del programma e del progetto formativo vanno sottolineati. Utilizzando una metafora che assimila la scuola all’azienda o ad un gruppo industriale illuminato (25), l’allievo diviene necessariamente un cliente da soddisfare e non un utente cui si destina un servizio che certamente deve essere “buono” ma che implica scelte etiche di non poco conto.
In paesi diversi dal nostro dove da anni si sperimentano tecniche di Total Quality Management (ma dove ha luogo anche un trentennale dibattito riguardo a temi di educational evaluation, di valutazione educativa attenta al contesto formativo nel suo complesso e ai processi educativi attivati (26), recenti ricerche segnalano i rischi impliciti in una operazione di “qualità totale” (27). Penso in particolare agli Stati Uniti, dove la gestione di un sistema formativo prevalentemente privato pone in primo piano il tema della qualità, ma dove anche tecniche di sperimentazione del Total Quality Management nelle istituzioni formative si devono proprio a un pressante bisogno dell’industria di reclutare forza lavoro sempre meglio preparata, che non necessiti poi di grossa formazione sul campo, che, dunque, non costi troppo all’azienda (28).Le maggiori perplessità riguardo all’applicazione del Total Quality Management a contesti formativi sono connesse a un approccio al continuo miglioramento organizzativo e sistemico legato all’abbattimento della variabilità dei processi “produttivi”. Se tale concetto è senz’altro applicabile al mondo dell’industria, ove il sistema di produzione che mira allo “zero difetti” deve combattere la variazione dei processi, diviene difficile utilizzare gli stessi presupposti nella scuola ove il “prodotto” sono i risultati ottenuti dagli studenti.
Inoltre l’utilizzo di tecniche di Total Quality Management in settings educativi non appare certo mirato a rispondere in modo specifico alle esigenze individuali e soprattutto a offrire adeguato sostegno agli allievi a rischio o alle fasce di utenza che hanno problemi (disabili, studenti che provengono da situazioni familiari difficili o da altri contesti culturali). Grazie alle procedure di qualità totale, la scuola sembra trasformarsi in un sistema organizzato che offre una equa proposta formativa a tutti gli studenti, senza prestare una particolare attenzione a chi ha problemi o difficoltà o comunque all’itinerario individuale. Tale processo di analisi della qualità appare piuttosto legato a un intervento formativo il cui fine consiste nel controllo dell’offerta educativa e non nella valo-rizzazione delle opportunità di ogni individuo.
Non va dimenticato quanto siano complesse le dinamiche relazionali che si instaurano in un gruppo ove avvengono processi di insegnamento apprendimento e quanto concetti mutuati dalla realtà aziendale, come quello di “produttività”, “riduzione degli sprechi”, “miglioramento delle posizioni competitive”, “controllo della produzione” possano essere carichi di significazioni ambigue, certamente non favorevoli all’allievo con difficoltà.
Infine, la tacita presupposizione che la realtà educativa consiste in una struttura unitaria e del tutto razionalizzabile in un processo che tende allo “zero difetti” appare complessivamente legata a un paradigma della ricerca scientifica che assegna al dato, e nonpiuttosto allo strumento di analisi e ai fini che lo orientano, valore pregnante.
Dai bisogni del cliente a una scommessa culturale
Per tutti questi motivi, le differenze tra procedure di qualità totale e processi di ricerca valutativa in senso educativo sono senz’altro molteplici.
L’attenzione alle esigenze del cliente, che comunque non è soltanto l’allievo e i suoi genitori né soltanto il mercato del lavoro, non può mettere del tutto in ombra le finalità e gli obiettivi di un percorso formativo che una pluralità di soggetti concorre a definire. L’operazione formativa nel suo complesso è infatti sempre legata a un elemento progettuale che accoglie ma anche rilancia i bisogni immediati del cliente, promuovendo processi in cui l’esperienza educativa si connette a questioni etiche e di metodo.
.La valutazione della qualità educativa consiste piuttosto in un processo dinamico di ricerca, un processo che può essere definito “situato”, perché parte da una analisi di contesto, ma anche da una discussione sugli intenti e le finalità dell’intervento valutativo, dunque da una serie di giudizi di valore emersi da un gruppo di persone.
Tali “giudizi di valore” investono in primo luogo la qualità percepita dal cliente interno, l’insegnante, in tema di organizzazione complessiva del servizio e di progettazione dell’offerta formativa e inoltre la qualità intrinseca del contesto educativo nel suo complesso, partendo dall’unità minima di riferimento: la classe.
Insistere sulla pianificazione e su procedure di controllo qualitativo in cui il cliente interno ha larga parte non significa incoraggiare momenti di auto-referenzialità del sistema formativo quanto invitare l’insegnante a entrare in un processo dinamico di valutazione in cui altri soggetti, i genitori, gli alunni, i capi d’istituto, hanno voce in capitolo se pure a diverso titolo.
Strumenti di autodiagnosi che incentivino la trasparenza delle procedure «finalizzati alla descrizione delle principali funzioni didattiche e organizzative, dal livello micro dell’unità operativa (la classe) al livello macro dell’unità scolastica» (29) devono pertanto divenire il primo gradino nella definizione di un pro-getto più ampio che concerne tutta la scuola. In tale processo dinamico di autovalutazione, che comporta una inevitabile crescita professionale di tutti coloro che erogano il servizio, la qualità percepita dai diversi clienti è un tassello importante che va analizzato unitamente a elementi raccolti sulla qualità organizzativa e gestionale troppe volte subita dai clienti, esterni o interni che siano.
Valutare la qualità pedagogica di un ambiente o di un progetto formativo significa quindi prima di tutto decidere le finalità dell’operazione di ricerca che si vuole intraprendere, definirne i tempi, gli attori, i metodi e confrontarsi sugli obiettivi e i parametri di valutazione. Metodologie di tipo sperimentale e quasi sperimentale si abbinano a metodologie di tipo qualitativo e osservativo che comunque costringono i differenti attori coinvolti a procedere sistematicamente, nel rispetto dei tempi e dei ritmi di un’esperienza che non viene decisa da una sola persona e che incide sulla struttura organizzativa di base, oltre che sul progetto.
La ricerca valutativa in ambienti educativi si presenta allora come un processo a spirale che parte da esigenze di miglioramento legate senz’altro alla domanda connessa a quel tipo di offerta formativa ma che, passando attraverso fasi di progettazione, innovazione e talora di sperimentazione, com-porta inevitabilmente un riorientamento degli obiettivi e delle finalità dell’intervento e dell’ambiente osservato nel suo complesso.
Se, come la qualità totale, la qualità educativa sembra essere un risultato da perseguire a lungo termine sulla base di una cultura della verifica in itinere e non soltanto a posteriori (30), tuttavia essa innesca soprattutto processi di autovalutazione che aiutano l’insegnante a esplicitare linee di metodo e pratiche formative troppo spesso irriflesse (31) ma che non mirano soltanto al “soddisfacimento del cliente”. L’offerta formativa in qualche modo educa il cliente e agisce su di un complesso si-stema di motivazioni che influenza i bisogni del singolo e del gruppo di cui fa parte. In tal senso la ricerca valutativa in termini di qualità educativa di un ambiente “costa” e ha una serie di costi “generali”, connessi cioè a un sistema che garantisce la qualità e che consente l’adeguamento a standard di qualità rapportandosi alle carenze interne ed esterne all’agenzia educativa intesa anzitutto come servizio, ma questo tipo di intervento “costa fatica” a tutti coloro, allievi, insegnanti, genitori, capi d’istituto, che lavorano sulla base di un progetto formativo e hanno a che fare con processi interattivi, con il “clima”della classe.
Il contesto, le risorse, il progetto sono alcuni degli elementi di una analisi di qualità microsistemica che può poi dilatarsi a un confronto con ambiti più vasti (l’istituto ad esempio) introdu-cendo nuovi elementi di riflessione sulle modalità organizzative e gestionali del lavoro scolastico. L’analisi del contesto microsistemico (fondata sulle caratteristiche strutturali dell’edificio e delle aule, sulle attrezzature didattiche ma anche su aspetti più fini della relazione educativa) va certo saldata a una analisi delle risorse (rapporto numerico insegnante-alunni, dimensioni dei gruppi classe), a una analisi dei processi (progetti didattici, turnover di insegnanti, modelli organizzativi) e a una serie di riflessioni sull’organizzazione della scuola nel suo complesso, che implica momenti di confronto tra clienti esterni e interni.
L’analisi del rapporto tra microcontesto (la classe) e contesti di riferimento via via più allargati (l’istituto, il territorio in cui la scuola si colloca) chiama in causa altri soggetti oltre agli operatori scolastici e agli utenti diretti, quali gli ammini-stratori a livello centrale e locale, i responsabili politici a livello nazionale e locale, i cittadini che vogliano acquisire informazioni sul sistema formativo e sulla gestione delle risorse (32).
La valutazione educativa che non si traduce soltanto nella verifica dei risultati di profitto degli allievi, quanto nell’analisi dei processi (33) che stanno dietro ai risultati dell’insegnamento e dell’apprendimento, diviene oggi un’e-sigenza pressante per tutti i paesi che fanno parte della Comunità Europea (34).
La cultura della valutazione di progetto, di programma, di processo relativa a contesti microsistemici o a singole scuole viene connessa da recenti analisi a una attenzione diffusa al tema della qualità del sistema formativo nel suo complesso e agli indicatori internazionali di sistema (35). Un sistema for-mativo integrato deve infatti elaborare indicatori e standard qualitativi per ciascun contesto educativo.
Non si tratta di assimilare l’ordine di scuola precedente a quello successivo, ma di coordinare requisiti di qualità omogenei e, appunto, integrati secondo il principio della continuità educa-tiva, almeno a livello nazionale, per ogni agenzia educativa. Nel nostro paese tuttavia non è ancora chiarito il nodo teorico che salda processi di innovazione (talora ambiziosamente definiti di sperimentazione) a momenti di valutazione che definiscano con precisione un sistema di monitoraggio delle esperienze avviate (36) e che aiutino a ragionare anche in termini di qualità at-tivando settori di ricerca e sviluppo interni al servizio, incentivando la formazione e la crescita professionale degli insegnanti. Promuovere una cultura della valutazione sistemica ed ecologica, fondata cioè su strumenti appropriati al livello di contesto che si intende analizzare, è una scelta di non poco conto e non significa solo promuovere processi che misurano la conformità agli scopi per cui un’istituzione è stata creata.
Chi viene coinvolto in una operazione di educational evaluation è impegnato in una scommessa culturale, in un processo che inevitabilmente tende a rilanciare gli obiettivi e il senso di un percorso.
Monica Ferrari gode di una borsa di postdottorato presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pavia, dove si occupa di storia dell’educazione e di valutazione di istituzioni formative per la prima età. Assieme a Paola Livraghi ha curato l’edizione italiana della SVANI (Scala di Valutazione dell’Asilo Nido) (Franco Angeli,1992), ha tradotto e curato l’adattamento italiano della SOVASI (Scala per l’Osservazione e la Valutazione della Scuola dell’Infanzia) (Junior, 1994), ed è responsabile del quaderno La valutazione di contesti prescolari: strumenti e realtà (Junior, 1994).
Note
(1) M. Cantù, La scuola e la qualità totale, in “RES Cose d’oggi a scuola”, 7, 1994, p. 7
(2) U. Volli, La qualità dal valore all’essenza, in “Sfera”, 44-45, 1992, pp. 88-90
(3) B.C. Blanche, Marketing e qualità totale, in V. Laboucheix (a cura di), Trattato della qualità totale, trad. it., Franco Angeli, Milano, 1991,p. 112.
(4) Cfr. A. Heller, Sociologia della vita quotidiana (197O), trad. it., Editori Riuniti, Roma, 1981
(5) Cfr. E. Becchi, A. Bondioli, Luoghi per crescere o scuole pre-elementari?, “Riforma della scuola”, 7-8, 1989, pp. 35-4O
(6) Cfr. J. Dewey, Teoria della valutazione (1939), trad. it. La Nuova Italia, Firenze, 196O e A. Visalberghi, Esperienza e valutazione, La Nuova Italia, Firenze, 1975
(7) Cfr. R.M. Wolf, The Nature of Educational Evaluation, “International Journal of Educational Research”, 11, 1987, pp. 7-2O; C.E. Beeby, The Meaning of Evaluation, “Current Issues in Education”, 4, 1977, pp. 68-78
(8) Cfr. Dewey, Teoria della valutazione, op. cit.; sul complesso concetto di giudizio di valore e sull’importanza della categoria di possibilità come categoria critica che gioca un ruolo fondamentale in pedagogia, cfr. Visalberghi, Esperienza e valutazione, op. cit., p. 217
(9) Cfr. R.E. Stake, Evaluating the Arts in Education: a Responsive Approach, Merrill, Columbus, Ohio, 1975
(10) Cfr. M.Scriven, The Methodology of Evaluation, in R.W. Tyler, R.M. Gagne, M. Scriven (a cura di), Perspective on Curriculum Evaluation, AERA Monograph Series on Curriculum Evaluation1, Rand Mc Nally, Chicago, 1967
(ll) Si vedano a proposito D.T. Campbell, J.C. Stanley, Experimental and Quasi-Experimental Design for Research on Teaching, in N.L. Gage (a cura di), Handbook of Research on Teaching, Rand Mc Nally, Chicago, 1963, pp. 171-246. R. Tate, Experimental Design, in T. Husen, T.N. Postlethwaite (a cura di), International Encyclopedia of Education Research and Studies, Pergamon Press, Oxford, 1985, vol.3, pp. 18O1-18O9
(12) AA.VV., Standards for Evaluation of Educational Programs, Project and Materials, Mc Graw Hill Book Company New York, 1981
(13) In quanto esperienza che produce conoscenza la ricerca valutativa non può non tenere presente la complessità iniziale del contesto in cui essa stessa ritaglia poi un campo specifico; cfr. Visalberghi, Esperienza e valutazione, op.cit., p. 121
(14) Cfr. B. Vertecchi, Le parole della nuova scuola, La Nuova Italia, Firenze,1988
(15) Cfr. A.C. Porter, School Delivery Standards, “Educational Researcher”, 5,1993, pp. 24-3O
(16) Cfr. U. Bronfenbrenner, Ecologia dello sviluppo umano (1979), trad. it., Il Mulino, Bologna, 1986
(17) Cfr. S. Keiny, A. Dreyfust, School Self-Evaluation as a Reflective Dialogue between Researchers and Practitioners “Studies in Educational Evaluation”,19, 1993, pp. 281-295; C. Adelman, R.J. Alexander, The Self-Evaluating Institution, Methuen, London/New York,1982
(18) Cfr. B.P.M. Creemers, School Effectiveness, Effective Instruction and School Improvement in Netherlands, in D. Reynolds, P. Cuttance, School Effectiveness, Cassel, London/New York, 1992, pp. 48-7O.
(19) Cfr. G. Rogers, L. Badham, Evaluation in Schools, Routledge, New York/London, 1992
(20) Cfr. CENSIS, Speciale valutazione. Politiche pubbliche e controllo di qualità, CENSIS. Note e commenti, 1-2, 1991 e CENSIS, Valutazione-scuola. La qualità del sistema di istruzione, CENSIS. Note e commenti, 7, 1992
(21) Si veda a proposito il recente intervento di C. Macconi, Il sistema scuola e la valutazione, “RES Cose d’oggi a scuola”,7, 1994, pp. 40-41
(22) Cfr. P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D.Jackson, Pragmatica della comunicazione umana (1967), trad it., Astrolabio,Roma, 1971
(23) Cfr. V. Laboucheix (a cura di), Trattato della qualità totale, trad. it., Franco Angeli, Milano, 1991
(24) Cfr. E. Sallis, “Total Quality Management” and Standards in Further Education, in H. Tomlinson, The Search for Standards, Longman, Westgate House,1992, pp. 169-188.
(25) ibidem. cfr. anche R. Vacca, Radici e diramazioni della qualità totale, in “RES Cose d’oggi a scuola”, 7,1994, pp.6-9
(26) Cfr. E. Becchi, A. Bondioli, La valutazione: una pratica in via di definizione, in M. Ferrari (a cura di), La valutazione di contesti prescolari: strumenti e realtà Junior, Bergamo, 1994, pp. 3-14; H. Berlak, Values Goals, Public Policy and Educational Evaluation, in “Review of Educational Research”, 2, 197O, pp. 261-278; W.W. Cooley, P.L. Lohones, Evaluation Research in Education, J. Wiley and sons, New York 1976. L.J. Cronbach, Designing Evaluations of Educational and Social Programs, Jossey Bass, S. Francisco/Washington/London, 1983. M. Ferrari, La valutazione di istituzioni educative per la prima infanzia, “Età evolutiva”, 43, 1992, pp. lO9-120; M. Ferrari (a cura di), La valutazione in contesti prescolari, op. cit.; E.R. House, School Evaluation, Mc Cutchan Berkeley Ca., 1973; D. Nevo, The Conceptualization of Educational Evaluation: an Analytical Review of the Literature, “Review of Educational Re-search”, 1,1983, pp. 117-128. P.H. Rossi H.E. Freeman, Evaluation: a Systematic Approach, Sage Publications, Bever-ly Hills/London, 1982; L. Rutman (a cura di), Evaluation Research Methods: a Basic Guide, Sage Publications, Beverly Hills/London, 1977; R.M. Wolf, The Nature of Educational Evaluation, op.cit.
(27) E. Sallis, “Total Quality Management “and Standards in Further Education,op. cit.
(28) C.A. Capper, M.T. Jamison, Let the Buyer Beware: Total Quality Management and Educational Research and Practice, “Educational Researcher”, 8,1993, pp. 15-3O.
(29) CENSIS, Valutazione-scuola. La qualità del sistema di istruzione, op. cit., p.27.
(30) R. Collard, La qualità totale, trad. it., Franco Angeli, Milano, 1993
(31) R.W. Rebore, Personnel Administration in Education, Allyn and Bacon Press., Boston/London/Toronto, 1991.
(32) CENSIS, Valutazione-scuola. La qualità del sistema di istruzione, op. cit.
(33) D. Medley, Evaluating Teaching: Criteria, in T. Husen, T.N. Postlethwaite (acura di), International Encyclopedia of Education Research and Studies, op.cit., vol. 3, pp. 1734-1747. B. Moon, J. Isaac, J. Powney, Judging Standards and Effectiveness in Education, Hodderand Stoughton, London, 1990
(34) G. Allulli, Una nuova strategia dell’intervento pubblico, in CENSIS Speciale valutazione. Politiche pubbliche e controllo di qualità, CENSIS. Note e commenti, 1-2 pp. 3-8; CENSIS, XXVII Rapporto sulla situazione sociale del paese, Franco Angeli, Milano, 1993.
(35) Cfr. il saggio di Bottani, in questo stesso Quaderno; OCDE Régards sur l ‘éducation, OCDE Paris, 1992; OCDE Régards sur l’education, Paris, 1993; CENSIS, XXVII Rapporto sulla situazione sociale del paese, op. cit.
(36) CENSIS, XXVII Rapporto sulla situazione sociale del paese, op. cit.. G. Allulli Per un Servizio Nazionale di Valutazione, in CENSIS, Speciale valutazione. Politiche pubbliche e controllo di qualità, CENSIS, Note e commenti, 1-2, op. cit., pp.43-54.