Ogni siepe reagisce al taglio come farebbe una pianta singola: al taglio segue un getto di ricrescita che consuma energie immagazzinate nel legno e nelle radici. Potare nel momento sbagliato significa costringere la siepe a spendere quelle riserve mentre sta fiorendo, fruttificando o affrontando la siccità estiva. Le specie sempreverdi a foglia piccola, come il bosso, il ligustro e il cipresso di Lawson, spingono nuova vegetazione dopo la ripresa vegetativa primaverile; le caducifoglie da fiore, come il cotoneastro o l’abelia, invece, preparano le gemme già a fine estate. Per far coincidere la potatura con la fase di maggior vigore occorre considerare la combinazione tra latitudine, altitudine e andamento climatico dell’annata. Nel Centro-Nord Italia il pieno risveglio dei sempreverdi cade tra fine marzo e metà aprile, mentre a Sud la linfa riparte già a inizio marzo; in zone alpine o appenniniche sopra gli ottocento metri, invece, conviene attendere che le gelate tardive non minaccino i nuovi getti, spostando l’intervento a inizio maggio.
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I due tagli cardine per la maggior parte delle siepi ornamentali
Il ciclo ideale di potatura di una siepe da giardino ruota attorno a due sessioni l’anno. Il “taglio di formazione” si esegue in primavera, quando le temperature notturne superano stabilmente i sette-otto gradi: con questo intervento si eliminano rami secchi, si ridà la forma piramidale o tronco-conica che permette alla luce di raggiungere la base e si stimola la vegetazione fresca a chiudere i vuoti. Il “taglio di rifinitura” cade in piena estate, di solito fra metà luglio e metà agosto, periodo in cui la crescita rallenta e la pianta può sigillare rapidamente le ferite senza emettere troppi getti effimeri. Un terzo ritocco leggero, a settembre, serve se la stagione è stata piovosa e ha regalato un’ultima spinta di germogli che sporgono dalla sagoma: accorciarli evita che vento e neve li pieghino quando i tessuti, lignificando a metà, diventano fragili.
Eccezioni legate ai fiori: le siepi che si potano subito dopo la fioritura
Le essenze autunnali e invernali come il viburno tino o la camelia sasankua producono gemme già nell’estate precedente; potarle a marzo, prima della piena fioritura, significherebbe rinunciare al colore che le rende preziose nei mesi freddi. In questi casi il “momento giusto” arriva subito dopo l’ultima corolla caduta: tagliare in maggio o inizio giugno concede all’arbusto tre-quattro mesi di caldo per sviluppare la nuova spalliera di gemme che sbocceranno l’anno successivo. La stessa regola vale per il filadelfo, la forsizia e la lonicera nitida: chi attende l’autunno per intervenire scoprirà la primavera successiva una siepe povera di fiori.
Sicurezza e normativa: il divieto di potare durante il periodo di nidificazione
L’ordinamento italiano recepisce le direttive europee a tutela dell’avifauna: dalla metà di marzo alla fine di agosto gli uccelli nidificano nelle siepi urbane e periurbane. Abbattere o cospicuamente potare una siepe che ospita nidi può configurare reato di disturbo della fauna selvatica. Per questo, prima di avviare il motore della tosasiepi, vale la pena ispezionare rami interni e incavi: se si scoprono nidi attivi conviene rimandare di qualche settimana il lavoro o limitarsi a spuntare la crescita esterna, lasciando intatta la parte interna finché i pulli non avranno preso il volo.
Il fattore meteo: come la pioggia, il sole e il vento influenzano la finestra di taglio
Potare con il fogliame zuppo spalanca la porta a infezioni fungine; allo stesso modo tagliare in giornate di sole cocente provoca disseccamenti rapidi lungo i margini di recisione, che diventano gialli e antiestetici. La giornata ideale è coperta o leggermente soleggiata, con temperatura compresa fra dieci e ventidue gradi, umidità moderata e brezze leggere che asciughino i tessuti senza strapparli. Se una perturbazione è in avvicinamento, meglio anticipare di un paio di giorni o posticipare finché il legno non sia di nuovo asciutto: le gocce che ristagnano sulle ferite favoriscono Phomopsis e altre patologie che causano secchezza apicale.
Programmare gli interventi nel tempo: giovani siepi contro siepi mature
Nel primo triennio di vita la siepe cresce in altezza e larghezza, perciò va “pizzicata” spesso, anche ogni otto–dieci settimane, con tagli brevi che stimolano la ramificazione basale. Una volta raggiunta la forma finale si entra nella routine dei due tagli annui. In età avanzata le piante rallentano il ricaccio: si può dilatare il secondo taglio a intervalli di quindici mesi, portandolo a fine inverno dell’anno seguente, soprattutto nelle siepi di conifere che reagiscono lentamente ai tagli sul legno vecchio. Segnare sul calendario l’ultima potatura e registrare la risposta vegetativa aiuta a calibrare con precisione il ritmo sul microclima locale.