Apprendere musica significa fare esperienza dimusica,apprendere a suonare uno strumento significa fare musica con lo strumento. Imparare una lingua significa parlarla, imparare matematica significa apprendere ad usare concetti e regole per fare calcoli, imparare storia significa apprendere determinati fatti e concetti, criteri con cui si costruiscono le interpretazioni dei fatti. Forse fare i calcoli o parlare una lingua richiedono una particolare vocazione?Credo che si richieda una particolare vocazione, al limite, per scegliere una determinata facoltà universitaria rispetto ad un’altra. E’ più probabile che si richieda a qualcuno vocazione per scegliere di occuparsi di un campo di indagine o di lavoro rispetto ad un altro, cioè fare il musicista, l’ingegnere, il fisico e così via, per professione.
E’ evidente che esiste una differenza ancora più netta tra il cultore di una materia, il fare un lavoro come professione e fare il ricercatore di professione oper scelta esistenziale. A sua volta esiste una differenza ovvia tra fare laprofessione del ricercatore ed essere un ricercatore originale, capace di apportare contributi significativi alla ricerca stessa, che è tutt’altra cosa che semplicemente fare il mestiere di insegnante difilosofia. Così come non si può confondere la produzione di ricerca originale in filosofia con il semplice fare esperienza di filosofia,con l’uso di una pratica culturale utile per comprendere e dare senso ad ambiti importanti dell’esistenza individuale e collettiva. Un grande scetticismo coglie insegnanti e ricercatori quando, discutendo di didattica della filosofia, sentono parlare di un modello di insegnamento della filosofia orientato alla promozione e allo sviluppo di un clima da “gruppo di ricerca” nella classe.
Lo scetticismo in buona misura è fondato sulla considerazione che la ricerca sia prerogativa dei “ricercatori puri”, appunto intendendo con il termine “ricercatori” quelli di professione. Parlare di un gruppo di ricerca o di clima da gruppo di ricerca in una classe di scuola superiore sembrerebbe una forzatura, un’idealizzazione eccessiva di una normale situazione di apprendimento, una fuga nell’utopia buona per nascondere l’incapacità di gestire la realizzazione del compito istituzionale affidato all’insegnante: cioè che impari la filosofia.
L’equivoco è reso più intricato dal fatto che la stessa parola ricerca viene usata per indicare livelli diversi di quella attività che viene definita in modo peculiare dalla stessa parola. La stessa pratica culturale della filosofia implica atteggiamenti e abilità di ricerca. Questa confusione tra ricerca militante e ricerca come atteggiamento dell’uomo che desidera di sapere e di capire, di dare senso, tipico dell’uomo comune ,può assumere una valenza distruttiva. Il ricercatore professionista,lavora per produrre innovazioni, originali ridescrizioni, aperture di nuovi scenari di significato,in modo tale da costituire “scarto”, discontinuità. In misura ideale , nel campo della filosfia, un ruolo di tal genere lo assume il maestro [25]. Ma come definiamoquei processi, quegli atteggiamenti cognitivi ed affettivi, quelle tensioni intenzionali, che un uomo comune mette in opera quando desidera sapere, mosso dall’esperienza della meraviglia e del dubbio, che intende fare l’esperienza dell’interrogazione radicale, che vuole capire e dare un senso, un valore a qualche importante importante aspetto della sua vita, della sua relazione con gli altri e del suo rapporto con il mondo, che vuole elaborare una posizione ragionata e ricca di valutazione su qualcosa che gli crea problema e gli provoca sofferenza? Saper esercitare una pratica culturale,frequentarne le domande tipiche, le soglie da cui scaturiscono le stesse domande, i comportamenti tipici di ricerca, i vocabolari e gli scenari più importanti che la caratterizzano,l’uso delle abilità orientate da determinate intenzionalità, non necessariamente significa capacità di originalità, di ricerca pura. Affermare ciò sarebbe ridicolo.
Ogni uomo comune ha il problema di soffrire per i problemi esistenziali che lo affliggono, ha il bisogno di pensare e di narrare la propria vita, di intepretarla, di progettare il futuro dei propri comportamenti, attribuendo senso e valore per le scelte da fare, rielaborando il passato, le esperienze presenti, le cognizioni e le emozioni. L’apertura di un nuovo scenario di senso può essere “nuovo”,creativamente innovativo nel percorso singolare della vita diciascun individuo.
Le storie e le esistenze individuali delle centinaia di migliaia dei nostri allievi e dei milioni dei futuri cittadini ci interessa come filosofi e come docenti di filosofia? Riconosciamo dignità e importanza alla maturazione di una capacità di esercizio responsabile della libertà di ogni singolo studente? Dovremmo forse vergognarci di tradurre in termini semplici, per chiunque lo voglia apprendere, i grandi problemi filosofici , di offrirgli l’armamentario del filosofo per discuterli e risolverli in modo razionale,critico,libero e creativo per la sua vita?
In classe lo studente adolescente deve avere la possibilità di interrogare e di narrare la vita, di problematizzarla, di approfondirla, renderla libera e ricca. Gli avvenimenti della sua vita devono essere integrati originalmente nel contesto dei valori, delle credenze, delle procedure comunicative condivise dalla comunità in cui vive, attraverso l’appropriazione consapevole e la rielaborazione creativa dei sistemi simbolici della cultura diappartenenza. Non necessariamente il giovane deve ripetere in modo conformistico i modelli già esistenti. In ogni caso,anche la ridescrizione autonoma e creativa delle proprie forme di vita implica per il giovane adolescente l’immersione negli argini e negli orizzonti entro cui fluiscono le storie, i linguaggi, i sistemi simbolici,le forme culturali, che plasmano le identità collettive all’interno di una comunità [26].
Narrare la propria vita, descriverla, attribuirle senso e valore, orientarla consapevolmente verso scopi ed obiettivi, in modo ragionato e responsabile, consente all’adolescente di organizzare le strutture della sua esperienza umana collocandosi dentro un progetto individuale sul futuro e dentro una storia sociale condivisa, per accettarla o cambiarla. Si tratta di legittimare culturalmente le proprie esperienze di vita: naturalmente se questo non avviene dentro la cultura e attraverso esperienze culturali protette, in forma consapevole, a scuola, avverrà comunque , senza garanzie di autonomia, di libertà e di consapevolezza per l’allievo . La collocazione dentro gli argini della storia sociale condivisa e dentro la tradizione sarà mediata dai “racconti” dei mass media, dalla mitologia delle stars della televisione, dello sport. della musica di massa, del cinema,ecc. L’acquisizione avverrà in tal caso per immersione, con spirito mimetico e gregario, con atteggiamento fusivo e con impegno minimalista, attraverso l’ebbrezza dell’appartenenza ai gruppi (dei pari,sportivi,ecc.,) e alle subculture metropolitane.
Quello filosofico è uno dei linguaggi con cui un giovane può interrogare e narrare la propria vita, che racchiude concetti, atteggiamenti , problemi, finalità,intenzionalità, procedure e mezzi di analisi e di discussione razionale, di natura cognitiva e affettivo-relazionale.Senza presumere di ottenere privilegi o monpoli di alcun genere sugli altri saperi e su altre forme culturali, la pratica filosofica ha la sua forte peculiarità. Nell’adolescente lo sviluppo della mente e della psiche si fa strada in modo esperienziale e teorico, cognitivo ed affettivo, dentro alla tradizione filosofica, in una continuità tra presente ed esperienze del passato, che rivivono dentro di sè, in modo personalmente significativo, attraverso l’esperienza del confilosofare, attraverso la ripetizione dell’esperienza del filosofare insieme ai grandi autori.
Gli autori offrono visioni del mondo, propsepttive di intepretazione e mondi di senso (intorno a questioni e problemi filosofici), ma anche metodi, vie di ricerca,modalità di rappresentare e di raccontare le vicende umane, che costituiscono “modi che predispongono a usare in un certo modo la nostra mente e la nostra sensibilità [27]. Sono inviti ad usare un particolare stile cognitivo, che può influenzare i nostri modi di pensare e di descrivere la realtà.
Note
25. Cfr. A. Gargani, La figura del maestro: Esemplarità, autenticità e inautenticità, in G.Vattimo (a cura di), Filosofia ’94, Laterza, Roma-Bari, 1995, pp.15-35.
26. J. Brunner, La costruzione narrativa della realtà, in M. Ammaniti, D.N. Stern (a cura di), Rappresentazioni e narrazioni, Laterza, Roma-Bari, 1991, pp 27 e ss.
27. Ib., pp.30 ss. A proposito cfr. anche le esperienze descritte in M. Trombino, Letture dei classici e scrittura creativa, Bollettino S.F.I., n° 150/1993, pp.31-48.